giovedì 26 luglio 2012

Il coraggio di Rita Atria



A 20 anni dal suicidio, ricordiamo l'audace e triste storia di una ragazza siciliana 17enne che, sospinta dall'incessante amore quasi paterno del giudice Paolo Borsellino, ha perduto tutti gli affetti più cari, assegnando alla giustizia autorevoli mafiosi che dominavano nel suo paese da decenni




di ENZO DELLA CROCE - 26 Luglio 2012




Non è una storia che si racconta, si narra, si ascolta ogni giorno; non capita spesso di ritrovare un' impavida ragazza, nemmeno maggiorenne, disposta a collaborare consentendo, attraverso la sua testimonianza, di assicurare alla giustizia dei mafiosi che, per decenni, hanno spadroneggiato e terrorizzato la sua città, Partanna, piccolo centro abitativo nella provincia di Trapani, che conta grosso modo 10mila residenti.


Questa ragazza si chiamava Rita Atria; la sua è una storia intrinseca: figlia di Vito Atria e sorella di Nicola, entrambi mafiosi, fin dalla nascita la sua vita è stata attorniata da personaggi della malavita e della criminalità organizzata siciliana, la cosidetta "Cosa Nostra".


Ma cosa ha portato Rita a scrutare in profondità dentro se stessa e compiere un passo così difficile e drammatico per la sua breve esistenza?


Nata a Partanna il 4 Settembre 1974, a soli 11 anni il destino la sottrarrà dall'affetto di suo padre, ucciso per un regolamento di conti dalla Mafia di cui, come già anticipato, era importante esponente nella cittadella siciliana.


Un esimio legame d'amore e di fiducia univa padre e figlia, come tanti genitori con la corrispettiva prole; ma questo è un legame particolare, tanto da consentirne la presenza, ogni qual volta, suo padre incontra i suoi cosidetti "amici" ed "amici degli amici".


La stessa impercettibile affinità nasce, all'indomani della morte del genitore, con suo fratello Nicola, a tal punto da ricevere considerevoli confidenze sugli affari, gli intrecci e le dinamiche mafiose del suo paese natale e di residenza.


Passano solo pochi anni e, la Mafia riserva a Nicola lo stesso trattamento serbato al padre Vito per le identiche ragioni.


Rita è disperata, angosciata, si sente sola; al mondo le restano solo sua madre e sua cognata, Piera Aiello, vedova del fratello Nicola.


Anche Piera è sconvolta, stravolta dal dolore, scossa, turbata; questa sofferenza la conduce a compiere una scelta insidiosa, per quella che era la sua vita fino al giorno della scomparsa del marito; si reca alla procura di Palermo dove conosce un giudice, premuroso, affidabile, disponibile ad ascoltare la sua testimonianza; quel magistrato si chiama Paolo Borsellino.


Piera è talmente folgorata dalla determinazione e dall'umanità di quel magistrato, che riesce a trasmetterle fiducia, a tal punto da convincere sua cognata Rita a fare altrettanto.


Ma non sarà facile affrontare questa scelta, specialmente per quelle che saranno le conseguenze nella sua brevissima esistenza; difatti, la madre non condivide, non approva la scelta della figlia e di sua nuora, fino ad arrivare a disconoscerle entrambe per sempre.

Ma entrambe, impavide e temerarie, proseguono e raccontano tutto ciò che sanno al dott. Borsellino.

Rita sente che di quel rappresentante della giustizia può fidarsi e, con il passare del tempo, tra i due questa sintonia si trasforma in un meraviglioso sodalizio, pari a quello di un padre nei confronti di sua figlia. Quel giudice è l'ultima persona che le resta al mondo.

Con lo scorrere del tempo, Rita, in conseguenza della sua collaborazione con la giustizia e con Paolo Borsellino, verrà lasciata anche dal fidanzato, affiliato di Cosa Nostra.

Ma non demorde, perchè l'amore paterno di quel magistrato le da forza per proseguire quel tortuoso cammino che, assieme a sua cognata, ha deciso di intraprendere.

Per timore verso la sua incolumità e sicurezza, il giudice Borsellino trasferisce Rita in un appartamentino a Roma in Via Amelia.

E' sola li in quelle mura, ma i contatti con Borsellino sono così serrati, che i due si telefonano ogni giorno; anche se la distanza li divide, quel meraviglioso rapporto li unisce; oramai, Paolo Borsellino si figura, nel suo cuore, talmente da riempire quel vuoto che la scomparsa del suo genitore naturale aveva provocato.

La testimonianza di questa "picciridda" (come amava denominarla Borsellino) appena 17enne, coniugata a quella di sua cognata Piera, è decisiva per incriminare tutti quei mafiosi che, per mezzo di quel potere criminale, avevano brutalmente deturpato la sua città.


Purtroppo, però, arriva quella maledetta domenica del 19 Luglio 1992; quel magistrato buono, gentile e affettuoso, Paolo Borsellino viene brutalmente ucciso assieme a 5 uomini della sua scorta da un'autobomba contenente tritolo piazzata in Via d'Amelio, a Palermo dove vive sua madre al quale si recava settimanalmente a far visita.


La notizia getta nel panico Rita, tutta sola, triste, disperata ed angosciata in quell'appartamento romano; quell'uomo buono, divenuto col tempo la sua unica famiglia, non c'era più; era andato via per sempre.


Col trascorrere dei giorni comincia a meditare il terribile pensiero che per lei non esista via d'uscita e, appena una settimana dopo la strage di Via d'Amelio, Rita entra nel terrazzo del suo appartamento e decide di togliersi la vita gettandosi nel vuoto; era il 26 Luglio 1992, esattamente 20 anni fa.

L'esempio che la brevissima esistenza di questa audace, coraggiosa e speranzosa ragazza ci ha lasciato è racchiuso e narrato perfettamente in una pagina del suo diario che riporto:

"Forse un mondo onesto non esisterà mai; ma se ognuno di noi prova a cambiare, forse ce la faremo"

Ragazzi vogliosi di giustizia, fatto tesoro come tanti della storia di Rita, hanno deciso di fondare un'associazione di carattere umanitario, anteposta a tutte le forme di criminalità organizzata, intitolata a suo nome e presieduta da sua cognata Piera Aiello che, in nome di Rita, prosegue questa battaglia iniziata un ventennio fa; la sua forza d'animo, la tenacia, ma anche la fragilità di questa 17enne sicula, devono essere d'esempio per tutti quelli individui che abitano non solo la nostra nazione, ma il mondo; ognuno di noi può trarne un'importante insegnamento:

non smettiamo mai di ricercare la verità, la felicità; diffidiamo da quelli individui che ci indicano sempre la via più facile e breve da seguire perchè, quando intraprendiamo il tortuoso e tumultoso cammino della vita, le vie da seguire devono essere quelle con i maggiori ostacoli; bisogna affrontarle e non ritirarsi mai, anche nei momenti di sconforto; dobbiamo continuare a correre. Il messaggio che ci ha lasciato e trasmesso Rita è ci indica che un mondo migliore esiste per davvero; non è un'illusione, un sogno irrealizzabile; i sogni si realizzano quando, tutti insieme, ci convinceremo che i principi sani della vita, vale a dire l'onestà, la giustizia, la libertà, la fratellanza, la solidarietà ecc...sono le uniche fonti di vita di ogni singolo individuo.   











  

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