domenica 24 giugno 2012

Londra e la Scheggia di cristallo: Il grattacielo senza parcheggi progettato da Renzo Piano




Una scelta che dovremmo capire anche in Italia; l' architetto «Più posti costruisci, più macchine arrivano. Le città crescano al loro interno con nuovi comportamenti dei cittadini»


di Enzo della Croce - 25 Giugno 2012


Solo 42 posti macchina, la metà dei quali per i portatori di handicap: è forse questa (al di la della trasformazione dello skyline urbano) la rivoluzione eccellente prodotta dalla Scheggia di Cristallo, the Shard of Glass, il nuovo grattacielo che Renzo Piano ha firmato a Londra, ottantasette piani per 310 metri di altezza che crescono al ritmo di 30 centimetri all' ora e che saranno pronti nel 2012. Ma l' architetto genovese, attualmente impegnato nella creazione dei primi tre edifici del nuovo campus della Columbia University e nella nuova Biblioteca di Atene, non sembra stupito più di tanto di questa apparente limitazione: «Fin dall' inizio, anche grazie all' insistenza dell' allora sindaco della città, Ken Livingstone il "Rosso", non abbiamo voluto parcheggi - dice -. Anche perché più se ne costruiscono, più macchine arrivano. A Londra l' hanno capito, forse bisognerebbe che cominciassimo a capirlo anche in Italia». D' altra parte persino nell' appena concluso (coloratissimo) complesso di St. Giles, dalle parti di Oxford Street, Piano ha ridotto al minimo il numero dei posti auto: una ventina non di più. Nella Londra dei multimiliardari (dal magnate dell' acciaio Lakshmi Mittel al Sultano del Brunei, dal tycoon russo Leonid Blavatnik a Mark Owen dei redivivi Take That) l' ultima moda è quella della megacasa underground: quattro, cinque piani sotterranei ed extralusso rigorosamente underground. Ma, in fondo, altro non è che l' ennesima (costosa) stravaganza. Da tempo la città sembra aver invece preferito la ricetta proposta da Piano con la sua Shard: «È stato scelto un brown field, un' area industriale, da far rivivere. Stavolta è toccato ad una stazione dismessa, la London Bridge Station, che, spiega Piano, «poteva oltretutto contare su un incrocio di ben quattro mezzi di trasporto: sei linee ferroviarie, tre metro, sedici di bus più i taxi». Così è stato quasi inevitabile «togliere i parcheggi» (quelli rimasti saranno silos di quattro strettissimi piani interrati) e annullare l' idea stessa di sosta «a lungo termine». E i residenti? «Utilizzano altri parking, tutti comunque raggiungibili in pochi passi». Le cifre della Scheggia (a cui il Financial Times ha dedicato ieri una intera pagina) sono eccezionali: un progetto della Sellar Property per la bonifica dell' intera area da 2 miliardi di sterline (400 milioni solo di costruzione); oltre 300mila metri quadrati abitabili; 56mila metri quadrati di vetro divisi per 11mila pannelli; 11.836 tonnellate di acciaio; 65.000 metri cubi di terra spostati, 52.000 metri cubi di cemento, 900 operai impiegati, 18 mila persone che ogni giorno utilizzeranno i 44 ascensori a disposizione. Ma quello che interessa Piano sembra essere altro: «La qualità principale di questo grattacielo è il suo mix funzionale». Con una grossa parte dedicata agli uffici (dal secondo al ventottesimo piano) ma anche un hotel (lo Shangri-La), appartamenti (dal 53 al 65esimo piano) e una serie di gallerie per «turisti» da cui si potrà godere la vista su Londra dal più alto grattacielo di Londra e dell' Europa Unita. D' altra parte al creatore del Centre Pompidou questa definizione di grattacielo non piace nemmeno poi tanto o almeno nella sua accezione più comune: «di solito si pensa immediatamente a qualcosa di freddo, di antipatico, di imposto e di malvisto dai cittadini». Appunto per questo ha scelto la via della multifunzionalità mettendo insieme appunto coletti bianchi, residenti e semplici visitatori. E poco importa in fondo che, ad esempio, la gru più alta attualmente impiegata nella costruzione misuri 255 metri o che ci siano oltre 900 telecamere attive 24 ore su 24. Molto più importante, almeno per Piano, che la Shard serva da modello per altre metropoli, italiane comprese: «Non è più possibile allargarsi a macchia d' olio, le città devono imparare a crescere al loro interno e imporre nuovi comportamenti ai propri cittadini». È l' idea della greenbelt, la «cintura urbana che non si allarga ma che si restringe». Proprio come i parcheggi della Scheggia.

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