sabato 23 giugno 2012

Unicef, in Guinea bambini costretti a lavorare 14 ore al giorno per 10 dollari


Vengono dai quartieri degradati di Nigeria, Benin, Camerun e Gabon, dove per una manciati di dollari i genitori li vendono per essere arruolati nelle raffinerie di petrolio. Intanto, il presidente della Guinea Equatoriale, Obiang, regala milioni ai giocatori della nazionale di calcio. L'Unicef: «Si abusa dell'indigenza dei Paesi confinanti»



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MALABO – Mani piccine sporche di petrolio. Il vergognoso arruolamento di bambini nelle raffinerie della Guinea Equatoriale è solo l’ultimo, in ordine di tempo, brutto affare, che vede coinvolto l’establishment politico di un paese che viaggia a due velocità. La forbice si allarga tra i nuovi ricchi e i soliti poveri. Solo che questa volta le brame cleptocratiche di un dittatore passano in secondo piano di fronte a 
un vero e proprio delitto perpetrato ai danni dell’infanzia.

Eppure il presidente della Guinea Equatoriale, il 70enne Teodoro Obiang, sembra un uomo affabile, accusato di sorridere sempre, persino nelle situazioni in cui il sorriso appare meno raccomandabile. Nelle ultime apparizioni pubbliche ha però il ciglio aggrottato e si è rivestito della serietà richiesta dalla sua carica soprattutto da quando la rivista Forbes l’ha collocato all’ottavo posto nella classifica dei dittatori più ricchi al mondo (con un patrimonio di 600 milioni di dollari).

La storia della tratta dei minori, impiegati nelle raffinerie di petrolio con un salario da fame, rischia di mandare in frantumi il suo sogno di diventare una sorta di novello imperatore d’Africa, sulle orme del pazzoide Bokassa ai tempi della Repubblica Centrafricana degli sfarzi (assecondati da Giscard d’Estaing).

La Coppa d’Africa di calcio, ospitata lo scorso gennaio, era stata l’occasione d’oro per rafforzare la leadership a livello internazionale, allontanando dall’immaginario collettivo una Guinea post-golpista, identificata come trappola senza testimoni e popolata da gente sovente in ostaggio di polizia ed esercito corrotti. Il torneo era diventato la vetrina per mostrare al mondo le città di Bata e Malabo tirate a lucido e nell’atto di scimmiottare certe capitali arabe, Dubai su tutte, dall’inconfondibile stile eccessivo. Potenza appunto del denaro e del petrolio, a fiumi, che sta trasformando l’ex colonia spagnola nello stato con la miglior crescita economica d’Africa dopo il Ghana. Una nazione che è solo qualcosa in più di un puntino sulle cartine geografiche, grande quanto la Lombardia e popolata da 900mila abitanti (come Torino).

Obiang vuole guadagnare, intascando parte dei proventi dell’estrazione dell’oro nero, tagliando sui costi della manodopera. Ma se ai tempi della Coppa d’Africa stadi, alberghi e infrastrutture, vennero edificati grazie a un accordo con la Cina che “prestò” alla Guinea i suoi operai (di fatto i prigionieri dei laogai condannati in patria ai lavori forzati), nelle raffinerie di petrolio ci lavorano i bambini. Non certo quelli della Guinea Equatoriale, ma un piccolo esercito di disperati, venduti dai genitori per una manciata di dollari nei quartieri degradati di Nigeria, Benin, Camerun e Gabon.

La denuncia arriva dall’Unicef ed è stata raccolta dalle opposizioni guineane che hanno lanciato il grido d’allarme. A parlare è Celesto Bonifacio Bacale, leader del partito Democrazia Sociale. «Sono scandalizzato, ma per nulla stupito, da quest’ultima vicenda. Il denaro è nelle mani di un’oligarchia che lo utilizza in maniera scriteriata, abusando persino dell’infanzia e dell’indigenza dei paesi confinanti». In un rapporto redatto da Democrazia Sociale si parla di centinaia di bambini costretti a lavorare anche 14 ore al giorno per una paga mensile che non supera i 10 dollari.

Obiang non è nuovo ad atteggiamenti che generano scandalo in patria e all’estero. L’ex generale, formatosi all’accademia militare di Saragozza, staccò lo scorso gennaio un assegno da un milione di dollari per consegnarlo al capitano della nazionale di calcio, Juvenal Edjogo, dopo la vittoria sulla Libia. In Guinea un impiegato guadagna mediamente l’equivalente di 90 dollari al mese e una cameriera non più di 40. A dire il vero gli assegni erano tre: gli altri due, da 20mila dollari ciascuno, andarono a Javier Balboa, l’autore del gol alla Libia, e a Ivan Bolado, la cui rete era stata invece annullata per fuorigioco. Una follia dopo l’altra, che Obiang condivide con il figlio Teodorin, sul cui capo pende un ordine internazionale di cattura per riciclaggio di denaro e di acquisto, con mezzi fraudolenti, di proprietà immobiliari in territorio francese. Se dovesse davvero essere lui “l’erede al trono”, per la Guinea Equatoriale diventerebbe davvero difficile delineare un’alba da nuovo giorno.



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