venerdì 8 giugno 2012

"Telekom Serbia": se non ci fosse? Bisognerebbe inventarla

come nascondere all'opinione pubblica la condanna definitiva di Previti & Co per corruzione

Cesare Previti

il giudice Renato Squillante
Il Giudice Vittorio Metta




















di Enzo della Croce - 08 Giugno 2012


Tutto ha inizio il 23 Aprile 2003 con la sentenza definitiva del processo Imi-Sir e Mondadori che ha visto la condanna definitiva dell'avvocato Cesare Previti, all'epoca deputato di Forza Italia, già legale dell'allora Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi (anch'egli accusato nello stesso processo per corruzione, reato poi prescritto per decorrenza dei termini nei suoi confronti), ed ex Ministro della Difesa nel Primo Governo Berlusconi nel 1994; oltre a Previti, sono stati condannati anche i giudici Renato Squillante e Vittorio Metta e gli avvocati Pacifico e Acampora, tutti per corruzione.
Il 6 Agosto 2003 vengono depositate le motivazioni della sentenza, che parlano del "più grave caso di corruzione della storia d'Italia e d'Europa".
Nemmeno le reti televisive "berlusconiane" RAI (il cosiddetto "servizio pubblico") e Mediaset riescono ad occultare la sentenza nonostante, lo stesso giorno che è stata emessa, la rete ammiraglia della Rai (Raiuno), mandi in onda un'imperdibile puntata di Porta a Porta, il noto salottino gestito dal "maggiordomo" del Cavaliere, Bruno Vespa, sul Viagra.
Ed allora, ecco pronto e servito un diversivo che consente a tutte e sei le reti televisive di parlar d'altro, con la sceneggiatura e la regia in toto fornita in tutta fretta dalla commissione d'inchiesta parlamentare denominata  Telekom Serbia, appositamente creata dall'allora maggioranza della Casa delle Libertà contro ogni regolamento democratico (in una democrazia normale sono le opposizione a creare le commissioni d'inchiesta per controllare chi detiene il potere, non dalle maggioranze per ricattare l'opposizione); questa commissione aveva il compito, almeno sulla carta, di "indagare sulla regolarità dell'acquisto nel 1997 del 29% della compagnia telefonica serba da parte della Stet-Telecom Italia, sulla congruità del prezzo pattuito con il governo di Belgrado, all'epoca presieduto dal dittatore serbo Slobodan Milosevic, pari a 900 miliardi di vecchie lire".
Passano i mesi e l'onorevole di AN, Vincenzo Trantino, che presiede questa l'anomala commissione, getta la maschera e svela il suo vero obiettivo: dimostrare che i leader dell'Ulivo, Prodi, Dini e Fassino, hanno intascato tangenti direttamente dal dittatore serbo.
Che nell'affare siano circolate strane provvigioni per una cinquantina di miliardi di lire a "strani mediatori" è provato anche grazie ad un'inchiesta a cura di Carlo Bonini e Giuseppe d'Avanzo, pubblicata su Repubblica nel Febbraio 2001.
Poi però, un mese prima delle elezioni del 2001, vinte da Silvio Berlusconi come ricorderete, entra in scena Paolo Guzzanti, vice-direttore del Giornale e, contemporaneamente, senatore di Forza Italia che, il 5 Aprile 2001, pubblica un'inchiesta a puntate dal titolo "Telecom e l'aereo dei miliardi", per dimostrare sia che i 52 miliardi si sono trasformati in tangenti, sia che "esistono fortissimi ed ottimi motivi per sospettare che il giro di denaro illecito sia molto più grande".
Non solo, secondo l'avvenente senatore e vice-direttore Guzzanti, ci sono altri 42 miliardi spariti tra l'Italia e la Serbia con un particolare inquietante: questi miliardi pagati per l'affare furono trasportati a Belgrado da Atene non sotto forma di assegni circolari, ma in sacchi di iuta, come quelli che viaggiano sugli aerei del narcotraffico colombiano.
L'8 Aprile 2001 il Guzzanti estrae un altro coniglio dal cilindro: il "supertestimone", tale dott. Favaro, si descrive come uno dei due italiani presenti sul volo da Atene a Belgrado che trasportava quei miliardi citati poc'anzi; il Favaro in realtà si chiama Vincenzo Vittorio Zagami, pluri-pregiudicato che si spaccia per agente dei SISMI, come gli inquirenti scopriranno di li a poco e che gli stessi arresteranno nel 2002.
A questo punto la bufala viene smascherata, il Guzzanti grida al complotto contro di lui e passa al contrattacco: morto un supertestimone, se ne fa subito un altro: tale Igor Marini, sedicente conte polacco con varie denunce sul groppone per truffa; ultima professione di quest'ultimo stesso conosciuta: scaricatore di cassette ad un mercato ortofrutticolo di Brescia.

Il sedicente conte polacco IGOR MARINI
Paolo Guzzanti

Fra Maggio ed Agosto 2003, in perfetta concomitanza con la sentenza e la deposizione del processo Imi-Sir Mondadori, Marini inizia a distillare le sue accuse verso Prodi, Fassino, Dini ed anche Rutelli, Veltroni, Mastella, Bordon ed una serie di Cardinali del Vaticano.
L'onorevole Trantino ed i suoi fratelli gli tengono bottone, interrogandolo a più riprese.
Alcuni membri della commissione parlamentare d'inchiesta rientrano, addirittura, dalle loro ferie estive in fretta e furia; lo interrogano prima in commissione, poi in Svizzera dove è stato arresta per via di una vecchia truffa e, infine, a Torino dove è stato recluso per altri raggiri.
Tutto ciò, naturalmente, ha come finalità l'oscuramento agli occhi dell'opinione pubblica quello che è stato definito dai giudici come il "più grave caso di corruzione in Europa".
Nessun giornalista televisivo o della carta stampata si prende la briga di sbirciare, per lo meno, nel curriculum vitae del sedicente conte polacco; l'onorevole avvocato di Forza Italia Carlo Taormina chiede perfino in Parlamento l'arresto di Prodi, Dini e Fassino.
"Le dichiarazioni di Marini - cita l'on Trantino il 7 Agosto 2003 - sono importanti per qualità e quantità, e per la sua memoria mostruosa".
Poi si scopre che l'aitante giovanotto ha si una memoria mostruosa, ma nel senso che ricorda alla perfezione fatti mai accaduti.
Ai magistrati di Torino ,che indagano sulla vicenda, basterà interrogare le due ex mogli e visitare la stamberga in cui abitava ultimamente alla periferia di Brescia per scoprire di avere di fronte un mitomane, che si spacciava per "Guardiano del Santo Sepolcro" e vice presidente dello IOR (la Banca del Vaticano), si dichiarava anche intimo amico di Papa Giovanni Paolo II, millantava svariati possedimenti su isole deserte ma che, in realtà, non pagava nemmeno gli affitti degli ultimi alloggi dove abitava e da dove, puntualmente, veniva sfrattato. 
Inoltre i magistrati scoprono che il finto conte polacco era in realtà un italianissimo truffatore senza la ben che minima goccia di sangue blu; egli non si era mai occupato, nemmeno in sogno, dell'operazione Telekom Serbia e che i conti in banche di mezza Europa, sui quali sosteneva aver dirottato le tangenti, semplicemente non esistevano neppure.
In conclusione, i giudici di Torino spiccano una raffica di arresti, compreso quello per Marini, per calunnia nei confronti dei politici e dei Cardinali falsamente accusati.  

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